Scuola Media di Preglia di Crevoladossola, Classi 3^ A, 3^ B
LEGGENDE E RELIGIONE
LE LEGGENDE
Le leggende sono un elemento fondamentale per comprendere la cultura walser in quanto nel racconto vengono rielaborate le aspirazioni, le convinzioni e le paure ma si racconta anche la quotidianità con i suoi personaggi e gli oggetti della vita materiale.
L’ambientazione delle leggende è quella di una natura selvaggia, popolata da streghe, diavoli, folletti e nani e in cui si avverte la continua presenza dell’elemento soprannaturale che ostacola o aiuta i valligiani. La Vigilia di Natale, narra una leggenda di Salecchio, tutti aspettavano i Pubrina, uomini selvatici forse, o esseri mostruosi che non si facevano mai vedere dalla gente ma che rapivano i bambini. Ma ci sono anche gli Zwärgji, che vivono nei boschi; sono bassi di statura e vestono di stracci e foglie, sono giocherelloni e si divertono a far dispetti agli alpigiani; nella tradizione, si dice che siano stati loro ad insegnare agli uomini a fare il bucato con la cenere o a lavorare il latte. Ci sono anche le streghe che fanno malefici al bestiame o che danneggiano il latte e il formaggio.
Nella stube, durante le veglie invernali si è tramandato, di generazione in generazione un ricchissimo patrimonio di leggende in cui le bufere di neve, i movimenti dei ghiacciai…tutto era ricondotto al mistero di creature fantastiche che animavano la montagna.
Il rumore dei ghiacciai era interpretato come lamento delle anime; si credeva infatti che il ghiacciaio fosse il purgatorio dove i morti scontavano i loro peccati.
Nelle leggende è molto ricorrente la presenza dei defunti che di notte percorrono seguendo un itinerario fisso, i sentieri della valle in processione; nella leggenda formazzina ”La mano bruciata” si racconta di un giovane curioso che volle seguire di nascosto la processione dei defunti ma fu sorpreso dall’ultimo morto del corteo che gli diede il suo mozzicone di candela e gli bruciò la mano.
Il mondo dei morti segue i suoi riti ma non è distinto dalla realtà, molte volte i walser, nelle loro leggende percepiscono la morte prossima di una persona a loro cara, come in “Una visita di sera” in cui un parroco di Formazza una sera ricevette una visita inaspettata : era la sorella che proprio in quel momento era morta a Canza.
Ci sono poi leggende che interpretano l’origine di alcuni elementi naturali; è questo il caso delle morene di un ghiacciaio scomparso sul ripiano sopra Morasco la cui origine viene raccontata nella leggenda ”I mucchi delle streghe”. Si narra di due streghe, arrabbiate con gli alpigiani di Morasco tanto da volergli distruggere il villaggio; per questo esse avevano cominciato a spingere due mucchi di sassi sull’estremità del ripiano sopra Morasco e stavano per farli precipitare ma furono fermate da Sant’Anna.
Nella leggenda “Le ninfee di Altillone” troviamo invece l’apparizione della Madonna che guarisce una signora e chiede ai valligiani di costruire sulla sponda del lago una chiesetta dedicata alla Visitazione. Quando l’ordine fu eseguito, si assistette a un altro miracolo: sulle acque del lago comparvero tante ninfee che i formazzini ritengono benedette e utili per tener lontani i fulmini e la tempesta.
Esistono poi leggende che narrano della fondazione di alcuni villaggi e della colonizzazione di valli e pascoli e che introducono così elementi storici.
A Formazza si racconta la leggenda di un uomo della valle che, per sfuggire alle vessazioni di un prepotente, andò a vivere in Alta Val Bedretto, a Ronco. Si pensa che questa leggendaria migrazione sia in qualche modo legata al diritto effettivo riconosciuto alla gente di Ronco di andare a far legna sul territorio di Formazza, in nome di un’antica discendenza che accomunava le due valli, attestata anche da diversi documenti.
Sempre a proposito di alpeggi in “Il cattivo Guenza”, si racconta che il capitano Guenza, per affermare i diritti degli abitanti di Premia sull’alpe Vannino, giurò il falso e per questo, anche dopo morto, non riusciva a trovar pace facendo rotolare giù i sassi della morena.
Quello delle leggende è un mondo in cui le difficoltà e gli ostacoli incontrati da questi straordinari coloni contadini sono stati rappresentati da figure fantastiche, talvolta mostruose, che evocano il male, le ristrettezze e i problemi che una vita ad alta quota poteva riservare. C’è a questo proposito una forte ricorrenza dei defunti proprio perché la morte, in quelle condizioni, ai limiti della sopravvivenza, era sentita sempre vicina, come parte della propria vita.
LA RELIGIONE
La cultura walser è permeata di una religiosità profonda che accompagna molti momenti della vita quotidiana; in una semplice formula di ringraziamento i walser di Formazza non tralasciavano di invocare la protezione di Dio per la persona, nonché per i defunti a lei cari:
“Färgalts Gott/tüsuk Maal, /tresch gott un ärlesch Gott/di Abkschtorbnuseela”che significa:”Ti ricompensi Dio/mille volte/consoli Dio e liberi Dio/le anime dei tuoi morti”.
Ci sono poi le preghiere “T Gibätti”, come la “ Preghiera delle ore”, o da recitare in vari momenti della giornata, alla sera prima di uscire o prima di dormire. Anche negli alpeggi c’era un momento dedicato alla preghiera, la sera il Casaro e i pastori recitavano fuori della casera il Vangelo di San Giovanni perché gli spiriti maligni non andassero a molestare gli animali. Del resto l’allevamento era un’attività molto importante nell’economia walser ed esistevano oltre alle preghiere anche rituali di esorcismo per scacciare il”male”dalle stalle. A Foppiano, il giorno di San Giovanni, il 24 giugno si benedivano i gigli rossi i cui petali erano messi ad ardere in un braciere insieme all’ulivo benedetto, per affumicare la stalla e allontanare quindi ogni influsso negativo.
Quando i bambini portavano al pascolo le mucche, ingannavano il tempo con un gioco, ”Z Hêmmelfarä” che vuol dire”Correre in Paradiso”; si tratta di un gioco costituito da varie tappe rappresentanti Inferno, Purgatorio e Paradiso da percorrere con il lancio di un legnetto; la vittoria era per chi arrivava primo in Paradiso.
All’interno della casa, l’angolo della Stube, tra le due finestre, era riservato ai simboli religiosi:un crocifisso o una nicchia contenente statuette di legno dei santi protettori. A lontane motivazione religiose va riferita l’origine delle piccole finestre sormontate da una croce, che compare sulla facciata di alcune case walser. La finestrella era aperta quando un abitante era sul punto di morte, affinché l’anima avesse un passaggio per uscire e veniva richiusa subito dopo la morte in modo che l’anima non potesse rientrare.
Per le celebrazioni religiose c’era un parroco che doveva rispondere a tutte le necessità spirituali dei valligiani , era mantenuto da loro e, prima di allontanarsi dalla valle, doveva ottenere il permesso dai parrocchiani.
I parroci erano scelti tra la popolazione walser per via della lingua comune che permetteva di comunicare senza ostacoli con i fedeli, talvolta si ricorse anche a parroci della chiesa di Sion il cui comportamento però non sempre era ben tollerato.
In alcuni documenti di corrispondenza del parroco di Formazza con la Diocesi di Novara si coglie la lamentela sul comportamento del Cappellano di Ponte, proveniente dalla diocesi di Costanza che risulta troppo sbrigativo nelle confessioni e troppo assiduo delle osterie locali.
I sacerdoti italiani invece avevano grandi difficoltà per via della lingua che creava non pochi problemi: alcuni documenti riferiscono di confessioni fatte per mezzo di interpreti, mentre la predicazione e la catechesi in una lingua straniera non avevano ovviamente una grande utilità. Nel 1880, dopo l’unificazione d’Italia, il Vescovo di Novara impose la lingua italiana nella Chiesa anche se era consentito ricorrere al tedesco per le spiegazioni di catechismo o saltuariamente, per le prediche. La lingua poteva dunque rappresentare un ostacolo alla comprensione dei testi sacri, ma la religiosità popolare si manifestava appieno nel rito della processione; in Val Formazza i parrocchiani andavano ogni anno in processione nelle quattro direzioni dei venti: a Bosco Gurin (Est), all’ospizio di San Bernardo a Premia (Sud), alla chiesa di Munster, nel Goms (Ovest), all’ospizio del San Gottardo (Nord).
La processione a Bosco Gurin si svolgeva in occasione della festa di San Teodoro, vescovo e patrono del Vallese. A questo santo era dedicata anche la chiesa di Canza, la frazione più alpestre della Val Formazza;a lui ci si rivolgeva per ottenere protezione dalle tempeste di grandine.
La processione a Premia, presso la chiesa di San Bernardo aveva lo scopo di invocare la protezione del santo contro le insidie delle gelate primaverili.
Quando, nei primi decenni del 1800 fu proibito dalla Curia di fare processioni fuori dai confini della parrocchia e di abolire quindi quella a Premia, a Formazza ci fu il finimondo tanto che dovette essere ripristinata perché i Formazzini erano particolarmente legati a l rito che si svolgeva in quella località considerato propiziatore di buoni raccolti.
La processione a Munster, capoluogo del Goms, si svolgeva il 15 agosto per la celebrazione della festa dell’Assunta, talvolta si proseguiva fino a Mörel, sulle rive del Rodano per supplicare la resurrezione delle anime dei bambini morti senza aver ricevuto il battesimo.
La processione al San Gottardo si svolgeva il 25 giugno in un percorso lungo 40 chilometri.
Nel XVII secolo, quando il clima divenne più rigido, questa processione fu abbandonata perché il percorso era troppo pericoloso e fu sostituita con la processione al Santuario di Altillone dove, per l’occasione, fu dipinto un bellissimo affresco di San Gottardo.
Tra i Walser era molto sentito anche il culto di San Nicola, protettore del bestiame e di altri santi legati in qualche modo alla vita di montagna: Giacomo e Cristoforo, patroni dei pellegrini e dei viaggiatori; Martino, protettore degli agricoltori; Petronilla che guariva dalla febbre; Rocco che guariva dalla peste.
Dernière mise à jour: 01/07/2018 ore 13:33:21