Scuola Media di Baceno, Classe 3^ A
L’INDUSTRIA IN OSSOLA TRA OTTOCENTO E NOVECENTO
L’industria nell’Ottocento si presentava ancora sotto forma di artigianato mirante alla produzione locale. Nettamente subordinata alle attività agricole e pastorali, essa doveva tuttavia provvedere a quasi tutti i bisogni locali, dagli attrezzi da lavoro, agli utensili domestici, alle suppellettili varie, alle calzature e al vestiario, ovvero fornire manufatti di prima necessità alle popolazioni che vivevano pressoché isolate e lontane dai centri di produzione e di mercato.
Nell’industria manifatturiera le varie lavorazioni della canapa, della seta o del lino erano esercitate per lo più a domicilio da intere famiglie contadine che si alternavano ai telai casalinghi durante la stagione invernale, quando non erano impegnate nei faticosi lavori nei campi. L’allevamento del baco da seta aveva favorito nell’Ottocento la costituzione nei paesi di Vogogna e Mergozzo di ben quattro filande per la lavorazione della seta; sempre a Vogogna, nel 1851, fu aperta la prima fabbrica per la produzione di stoffe di seta, con 34 operai che divennero circa 50 nel 1854. I contadini di Crodo, Varzo e Domodossola, visti i risultati ottenuti nella coltivazione del baco da seta nell’Ossola inferiore, cercarono di sviluppare tale coltura senza ottenere però grandi soddisfazioni. Intorno al 1880 si delineò il progressivo declino del settore serico che scomparve definitivamente intorno al 1930. In generale il settore tessile non ebbe grande fortuna e l’apertura delle fabbriche in Ossola fu di breve durata: ad esempio l’industria cotoniera inaugurata nel 1835 a Vogogna resistette solo lo spazio di un ventennio.
Lo sfruttamento di silicato d’alluminio e d’argilla estratti dal fiume Alfenza di Crodo aveva portato alla costruzionei nel 1808 di una fabbrica di ceramica a Premia, che produsse svariati tipi di stoviglie, estinguendosi tuttavia già nel 1862.
Nel 1810, invece, era stata attivata a Crevoladossola un’importante industria del vetro, i cui prodotti venivano esportati nelle province di Modena, Parma e nella vicina Svizzera. Nel 1837 esisteva a Domodossola una sola tipografia che risultò insufficiente a provvedere alla molteplicità di richieste da parte delle amministrazioni comunali e provinciali. Così nel 1851 ne fu aperta una seconda che rimase attiva fin al 1990.
Anche l’industria alimentare non conobbe grande sviluppo; erano attive (nell’Ossola Inf.) due fabbriche di birra che esportavano i loro prodotti tra la Svizzera e i paesi del Lago Maggiore, uno stabilimento di acque gassate che offriva lavoro a ben 30 operai. L’industria delle acque minerali si sviluppò solo a partire dal 1900; nel secolo precedente, infatti, le sorgenti ossolane furono sfruttate solamente ad uso terapeutico escludendo l’eventuale commercializzazione del prodotto.
Una certa rilevanza ebbe tra ottocento e novecento l’industria estrattiva e siderurgica. La presenza di oro nelle valli Anzasca, Antrona e Antigorio indusse, a partire dalla seconda metà del Settecento, capitali stranieri ad investire nel settore minerario. Diverse famiglie locali comprarono e rivendettero le miniere finché nel 1850 gran parte di esse finì in mani straniere.
La società inglese denominata The Pestarena United Gold Mining Co divenne proprietaria di gran parte delle miniere di Macugnaga (mantenendone il possesso fino al 1902), di Fomarco, sempre in Val Anzasca, e di Crodo.
Ad interessarsi dell’estrazione dell’oro non furono solamente gli inglesi: anche una società belga si distinse a Calasca, mentre a Crodo, dopo l’abbandono della Società The Pestarena United Gold Mining Co, la miniera fu acquistata da una compagnia italo – svizzera.
Sempre in campo estrattivo, il territorio ossolano offriva discrete quantità di ferro e di rame; l’unica miniera di ferro attiva era situata a Montescheno in Valle Antrona e il suo prodotto grezzo veniva acquistato dallo stabilimento metallurgico di Villadossola, dove, una volta purificato, era venduto sotto forma di lastre. Con la fine dell’Ottocento, la miniera si estinse a causa dell’esaurimento dei giacimenti di ferro.
Le cave furono e sono ancora oggi un settore importante per l’economia dell’Ossola. In passato i materiali estratti, dopo essere stati trasformati, erano condotti per via fluviale fino a Pallanza, da dove venivano poi inviati soprattutto in Lombardia e presso il mercato milanese (i marmi di Candoglia e le beole estratte dalle cave di Beura), mentre il granito bianco di Mergozzo era esportato a Roma, in buona parte del Piemonte, Lombardia e nel Veneto.
Dernière mise à jour: 01/07/2018 ore 13:18:32