Scuola Media di Varzo, Classe 2^ A 

IL TRAFORO DEL SEMPIONE

Nuove esigenze

Durante il corso del XIX sec. ci si accorse che la strada carrozzabile del valico non bastava più a sopperire le moderne necessità del traffico, sia per la difficoltà che la lunga stagione invernale creava, sia per la lunghezza e tortuosità del tracciato.

Progetto

Il primo progetto di un traforo del Sempione risale al 1857. Il 20 settembre la Svizzera concluse un accordo con le imprese edili dell’ingegnere Alfredo Brand di Amburgo e dell’ingegnere Karl Brandau di Kassel, per realizzare il progetto presentato due anni prima dall’ingegnere Dumur, svizzero. In un’assemblea, tenutasi a Berna dal 4 al 25 novembre, fu stipulata la convenzione con l’Italia che avrebbe collaborato finanziariamente al realizzo dell’opera. Il preventivo di spesa si aggirava sui 93 milioni di franchi. Furono presentati tre diversi progetti: prevalse quello che insisteva per la creazione di un tunnel, passando, naturalmente per la via più corta, attraverso le viscere della montagna.

I tempi dei lavori

Nel maggio 1898 iniziarono i lavori di costruzione dei grandi cantieri, a Briga e a Iselle, in prossimità dei futuri portali della galleria. Il 1 agosto iniziò il traforo sul versante nord e il 16 agosto su quello sud. I lavori, secondo i programmi, sarebbero dovuti durare 5 anni: essi furono, invece, portati a termine soltanto nel febbraio 1906, con quasi due anni di ritardo. Per il funzionamento delle trivellatrici, degli impianti di ventilazione e per l’illuminazione, il versante nord usufruiva delle forze idriche del Rodano, mentre il versante sud sfruttava le acque della Diveria. 

Ostacoli ed esecuzione lavori

paludeLa costruzione del traforo presentò enormi ostacoli, specialmente a causa dell’elevata temperatura della roccia ( fino a 46° nel versante sud), della pressione della montagna, delle infiltrazioni delle copiose sorgenti fredde (1000 litri al secondo) e calde (325 litri al secondo).
L’avanzamento nella montagna procedeva con due cunicoli paralleli, collegati tra loro ogni 200 m da trasversali diagonali. Queste strutture permisero la ventilazione della galleria, il trasporto di materiale e la circolazione, a senso unico, del trenino con locomotiva ad aria compressa. Per raffreddare la galleria furono installati a Iselle due grossi ventilatori che, nel corso delle 24 ore, spingevano in galleria 3 milioni di metri cubi di aria fresca, rinfrescando gli operai. Per bere, essi avevano della cisterne, trasportate dai trenini degli operai
Per fare gli scavi si utilizzò la perforatrice Brand: a lottare direttamente contro il sipario di pietra, contro il diaframma delle rocce, non c’erano mai più di dieci uomini da una parte e dall’altra, mentre migliaia di compagni stavano alle loro spalle, nelle tenebre, del lunghissimo cunicolo. Questo spiega perché la velocità d’avanzata su ciascuno dei due versanti non potesse superare la media di quattro metri al giorno.
L’incontro dei due settori avvenne il 24 febbraio 1905; i giornalisti dell’epoca scrissero che l’ultimo frammento di roccia cadde alle 7.20 del mattino. 

Inaugurazione

L’apertura al traffico ferroviario avvenne nel gennaio 1906, quando vennero terminati gli impianti per la trazione elettrica. La galleria venne percorsa dal primo convoglio il 25 gennaio 1906. L’inaugurazione ufficiale avvenne il 19 maggio con la partecipazione del re d’Italia e del Presidente della Confederazione Elvetica.
Il secondo tunnel parallelo, lungo 19, 823 m, fu terminato nel dicembre 1921 ed entrò in funzione il 16 ottobre 1922.

Bilancio

La galleria, ultimata, risultò di 19,755 m. Vi lavorarono, giornalmente, una media di 3000 uomini. Persero la vita, vittime di infortuni, 42 operai italiani. Si erano consumate 1520 tonnellate di dinamite, 5300 chilometri di miccia, 3,5 milioni di capsule per l’accensione, per fare saltare un milione di metri cubi di roccia.

BALMALONESCA

Nascita del villaggio

Con l’inizio dei lavori del traforo del Sempione, la valle Divedro venne, scherzosamente, chiamata dagli Ossolani “ La Val dul Bocc” ( la Valle del Buco ) ed affollata da operai, detti i “trafurett”, provenienti da tutte le regioni d’ Italia.
I cantieri vennero allestiti ad Iselle: vi erano le officine, i compressori che azionavano i ventilatori per arieggiare il tunnel, i bagni degli operai forniti di lavatoi per i panni usati in galleria e di essiccatoi ad aria calda, i magazzini e gli uffici dei dirigenti.
Più a valle, lungo il torrente Diveria e la strada Napoleonica, in località detta Balmalonesca, dove fino al 1989 vi era solamente una caserma adibita a rifugio e un paio di baite, sorse un villaggio, che prese il nome della località, per alloggiare gli operai.

Il villaggio

Il villaggio era costituito da baracche in legno e case in muratura. All’estremità nord del villaggio di Balmalonesca fu costruito un ospedale con 30 posti letto e fornito dell’attrezzatura per l’assistenza medica e chirurgica. 
Per l’istruzione dei figli degli operai furono organizzate delle scuole, sostenute, prima dall’ intervento del vescovo di Novara Mons. Pulciano, e più tardi, dall’opera di Mons. Bonomelli.
Vi fu, inoltre, edificata, con l’aiuto di tutti, una chiesetta dedicata a S.Barbara. Fu costruita, in brevissimo tempo, per l’interessamento e l’entusiasmo del Cappellano del Sempione: un giovane prete, Don Antonio Vandoni. Questo sacerdote fu consolatore e amico dei lavoratori, per sei anni; ma non potè ultimare la sua missione poiché il 30 luglio 1904, a Gondo, cadde nella Vaira, e fu travolto da gorghi.

Fine dei lavori

La fine dei lavori del Sempione, segnò il principio della fine di Balmalonesca: la maggior parte degli operai aveva fatto ormai ritorno alle proprie regioni di origine, altre famiglie si erano stabilite a Varzo e alcune a Iselle. Il villaggio, ormai quasi totalmente spopolato, fu parzialmente distrutto da una prima piena della Diveria e poi totalmente demolito dalla grande piena del 1919. Rimasero in piedi alcune case sotto montagna e la grande caserma Napoleonica.

Last update: 01/07/2018 ore 13:21:23

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