Il camoscio è l’unico ungulato che l’uomo non è mai riuscito ad estirpare dalle nostre montagne.
Come lo stambecco è perfettamente adattato all’ambiente alpino, ma rispetto a quest’ultima specie è meglio adattato per fronteggiare la neve. Migliaia di anni di evoluzione negli ambienti montuosi dell’Eurasia hanno infatti dotato questo animale di un piede veramente particolare. Come nello stambecco, lo zoccolo del camoscio è caratterizzato da una parte esterna dura ed affilata (per fare presa su neve e terreno ghiacciati) ed una parte interna molto morbida (per fare presa sui più piccoli appigli della roccia). Ma, a differenza dello stambecco, quando cammina sulla neve il camoscio può raddoppiare la superficie d’appoggio del piede. Ciò è possibile grazie alla estrema mobilità dello zoccolo, che gli consente di divaricare le unghie anteriori (quelle che, per intenderci, tutti conosciamo come zoccolo) ed appoggiare anche le unghiette presenti nella parte posteriore del piede. Inoltre, tra le unghie anteriori è presente una plica di pelle che, in modo simile a quanto succede nelle zampe di anatre ed oche, gli consente di aumentare ulteriormente la superficie d’appoggio. Tutto ciò gli conferisce delle capacità di “galleggiamento” sulla neve che nessun altro ungulato alpino dispone, permettendo a camoscio e stambecco di convivere sulle nostre montagne durante la difficile stagione invernale. Ma gli adattamenti interessanti che caratterizzano questa specie non finiscono qui: per  fronteggiare grossi sforzi, come corse in salita su pendii ripidissimi, il camoscio dispone di un cuore molto grande (in proporzione all’uomo è grande circa il doppio del nostro) ed il sangue contiene un elevatissima concentrazione di globuli rossi (10-12 milioni per centimetro cubo contro i 5-6 milioni per centimetro cubo dell’uomo).

Entrambe le popolazioni di camoscio del Parco dell’Alta Valle Antrona e del Parco dell’Alpe Veglia e Devero sono stimati in poco meno di 200 capi ciascuna. Nell’arco di un ventennio, la popolazione del Veglia - Devero ha conosciuto una prima fase di incremento che l’ha portata a poco meno di 300 capi, cui a fatto seguito una fase di decremento che l’ha riportata su numeri che attualmente sono un poco inferiori rispetto a quelli osservati all’inizio dei monitoraggi, nel 1993.

Last update: 14/02/2018 ore 16:49:20

© 2017 Ente di Gestione Aree Protette dell’Ossola | Privacy | Cookies  | Accessibilità | Credits

Questo sito utilizza cookie per migliorare la tua esperienza di navigazione ed il funzionamento del sito stesso.Per saperne di più: privacy policy.

  Io accetto i cookie di questo sito
EU Cookie Directive plugin by www.channeldigital.co.uk