Scuola Media di Preglia di Crevoladossola, Classe 2^ A

RISORSE ECONOMICHE ED ATTIVITA' PRATICATE DAI WALSER DI AGARO

LE RISORSE DEL TERRITORIO

L'aspra morfologia della valle ed il clima rigido giustificano la presenza delle sole colture tipiche dell'alta montagna. Venivano quindi prodotti ortaggi che non avessero particolari esigenze climatiche; patate, segale, orzo, lino e canapa.
Un'alta percentuale del territorio è improduttiva. Della parte rimanente, una piccola quantità può essere destinata ai campi coltivati, mentre il resto si divide in parti pressochè uguali tra pascolo e bosco.
Il lavoro dei campi e l'allevamento del bestiame: bovini, muli, cavalli, asini, pecore, capre e maiali, erano le sole risorse dell'economia. Probabilmente lo sfruttamento del bosco, come legname da vendere, non era praticato. Negli Statuti di Agaro si parla soprattutto della necessità di salvaguardare il così detto "bosco sacro", cioè quello situato sui versanti montuosi da cui più frequentemente scendevano le valanghe. Gli articoli che si riferiscono alla tutela dei boschi sono 5 negli Statuti di Agaro e 4 in quelli di Ausone. Anche negli Statuti di Salecchio ci sono due articoli. Il numero 22 e il numero 26 che si riferiscono alla necessità di tutelarsi dal furto di legname. 
In alcuni antichi contratti medioevali, stipulati dai walser di Agaro, si parla della regolamentazione della pesca nei torrenti e nei laghetti circostanti. Perciò anche la pesca è sempre stata una fonte di sostentamento.
La caccia era praticata, ma con metodi rudimentali ed era rivolta ad animali di piccola taglia, questa informazione la ricaviamo dall' articolo n. 69 degli statuti di Salecchio.
Nell'articolo suddetto si legge che è vietato distruggere le trappole che sono state approntate per catturare le pernici o altri animali. Trattandosi di trappole molto semplici, è abbastanza facile supporre che gli altri animali di cui si parla possano essere lepri, oppure marmotte. A conferma di quanto le marmotte fossero importanti nell'alimentazione di quel tempo rimangono altre testimonianze, come la lettera di Wagner alla moglie , conservata nella " Casa Forte " di Formazza. Il grande musicista si lamenta con la consorte perché nel corso di un suo viaggio in Italia, passando per il Passo del Gries, aveva cenato e pernottato nella "Casa Forte" e lì gli era stato servito un piatto di arrosto di marmotta.
Negli Statuti di Ausone si fa cenno anche all'abitudine di raccogliere le lumache per cibarsene. Il capitolo settimo di quegli Statuti, infatti, proibisce a chiunque, di raccogliere lumache nelle proprietà altrui. Per i contravventori è prevista una bella multa.
La produzione di tessuti di canapa e di lino era molto diffusa, tanto che negli Statuti di Salecchio, all'articolo numero 48 si stabilisce quale deve essere l'unità di misura ufficiale per vendere questi tessuti. Essa deve venire omologata a quella in uso nella valle Antigorio.

LA PRODUZIONE AGRICOLA

Sappiamo con certezza che ovunque sia stato realizzato un insediamento Walser, lì oltre alla più redditizia attività dell'allevamento esistevano anche dei campi per la produzione di cereali Per confermare tale ipotesi, Georg Budmiger, nel 1992, ha compiuto un approfondito studio in proposito. Egli si è basato soprattutto sull'osservazione diretta della posizione geografica dei più elevati insediamenti walser; perché proprio il fattore altitudine è una causa che riduce la possibilità delle coltivazioni. I rilievi compiuti gli hanno permesso di constatare che proprio dove gli insediamenti erano più elevati (vedi Zermatt a quota 2100 metri) lì esistono, sia luoghi pianeggianti in posizione soleggiata, sia condizioni di umidità idonee. Le precipitazioni atmosferiche in quelle località in genere non superano i 140 centimetri annui e vengono ad interessare non più di 130-140 giornate. Queste sono proprio le condizioni richieste perché possa crescere e maturare la segale. I Walser perciò sono stati sempre coltivatori di cereali.

LA COLTIVAZIONE DELLA SEGALE

La segale è il cereale predominante presso i Walser, sia per la sua predisposizione ai terreni magri, sia per la resistenza al freddo. La segale veniva seminata a settembre, e raccolta a ottobre dell'anno seguente, perché potesse maturare il più a lungo possibile. Poiché il raccolto si faceva troppo tardi, per poter effettuare subito un nuova semina; accadeva che per circa un anno il campo avrebbe dovuto rimanere incolto. Si poteva però evitare l'inconveniente del così detto "riposo d'altitudine", perché si provvedeva alla rotazione della coltura della segale con quella di altre piante, tra le quali si rivelò particolarmente adatta la patata (naturalmente solo più tardi, quando venne introdotta dopo essere stata importata dall'America).

LA PULITURA E LA CONSERVAZIONE DELLA SEGALE 

Al momento del raccolto, la segale non era quasi mai giunta a piena maturazione. Occorreva farla asciugare al sole il più a lungo possibile. Per questo motivo i covoni, appena tagliati, venivano disposti sugli appositi essicatoi (rascan), oppure sui loggiati delle case. Veniva poi effettuata la battitura per la separazione del grano dalla spiga. A questo punto però la segale non era ancora pronta per essere macinata. Il grano di segale è più umido di quello di frumento, e perciò occorre lasciarlo maturare ancora per qualche mese in un locale arieggiato ed asciutto. E' stato proprio perché venissero usati come granai, che i walser hanno costruito gli "stadel" che sono quelle splendide costruzioni con un cassone in legno costruito con il sistema ad incastro detto "Bach Bount" il quale non appoggia direttamente sul terreno, ma viene tenuto sollevato per mezzo di pilastri in legno sormontati da ruote ottenute con il sasso (i famosi funghi di pietra e legno).

LA SEGALE VIENE MACINATA E COTTA

Macinata con rudimentali mole di pietra, azionate dagli animali oppure dall'uomo, la segale veniva poi passata al setaccio per ricavare le diverse qualità di farine, bianca o grigia, con le quali si potevano ottenere diversi tipi di pane. Per ottenere la lievitazione della farina di segale, occorre utilizzare la pasta messa da parte l'ultima volta che si è fatto il pane, nella misura di un quinto rispetto al nuovo impasto. L'aggiunta del sale è indispensabile, non per accrescere sapore, ma per dare alla pasta quella malleabilità e tenerezza di cui è naturalmente priva. Dopo l'impasto e la pesatura, le forme ottenute vengono riposte in recipienti foderati di tela, per facilitare la lievitazione. Prima della cottura l'impasto viene lasciato per un po’ all'aria. Il vantaggio del pane di segale, rispetto a quello di frumento è che si mantiene a lungo dopo la cottura. Questo è un vantaggio prezioso. I walser, infatti, cuocevano il pane una sola volta all'anno, (al massimo due volte) per risparmiare tempo.

LA COLTIVAZIONE DELLA CANAPA

La canapa si seminava in primavera, nei campi appositamente preparati, cioè vangati in modo profondo e concimati con il letame. A fine luglio si procedeva al taglio delle piante che avevano ormai raggiunto un'altezza di centocinquanta centimetri circa.

LA MACERAZIONE DELLA CANAPA

Mentre le piante femminili, appena tagliate venivano subito legate in covoni "garbe" e fatte essiccare per far sì che seccando si staccassero le foglie; dalle piante maschili ci si preoccupava di togliere prima i semi. Una volta che si erano staccate le foglie, i covoni venivano messi a macerare nell'acqua di pozzi preparati appositamente. La canapa rimaneva nell'acqua per 18-20 giorni, sempre pressata con pietre o paletti. Finito il processo di macerazione, che ha fatto sciogliere le sostanze gommose che tengono unite le fibre tessili ai canapuli (in Ossola venivano dette "canette") che sono le parti legnose; si portano i covoni ad asciugare.

LA STIGLIATURA DELLA CANAPA

Nel mese di novembre, quando ormai non c'erano più lavori da compiere all'aperto, per via del freddo; la famiglia riunita in casa procedeva alla stigliatura. A mano si separavano le fibre dagli steli. Il prodotto ottenuto dalla stigliatura veniva poi lavorato in una "pesta". Questo processo, detto maciullatura oppure gramolatura, aveva lo scopo di ripulire ulteriormente la fibra staccando le parti legnose. Le fibre così ottenute venivano sottoposte ad un processo di spatolatura, che aveva il compito sia di ripulire che di stirare le fibre. I Walser riuscivano ad ottenere circa 12 - 13 Kg. di filato, ogni 100 kg. di fusti di canapa.

LA FILATURA DELLA CANAPA

Prendendola dal fuso, si attorcigliava a mano la fibra, che poi veniva avvolta su una spola. Una volta ottenute tre spole, i filati contenuti in esse si avvolgevano insieme e si otteneva una matassa.

LA SBIANCATURA DEL FILO DI CANAPA

Il filo di canapa, avvolto in matasse veniva lavato accuratamente e poi veniva immerso in un apposito mastello di legno "bogia" che conteneva acqua bollente mischiata a cenere. L'operazione di ammollo veniva ripetuta da 5 a 7 volte, naturalmente usando ogni volta acqua bollente e cenere. Alla fine si sciacquava la matassa e la si poneva ad asciugare.

LA TESSITURA DELLA CANAPA

Finito il lavoro relativo alla filatura e alla sbiancatura, si procedeva alla produzione della tela di canapa "tuach". Per ottenere il tessuto era necessario avere un apposito telaio. Mentre le donne filavano, e facevano tela, gli uomini lavoravano il legno, facevano gerli "scera o civeru" e poi ceste "cavagn o zeinu".

ALLEVAMENTO DEL BESTIAME

Esso rappresenta la principale fonte di ricchezza e di sostentamento per gli abitanti, ma si rivela insufficiente senza l'apporto dei prodotti ottenuti dalla coltivazione dei campi (segale, orzo). Proprio perché l'economia dei Walser voleva essere caratterizzata dall'autosufficienza il colono volle essere nello stesso momento coltivatore di campi e allevatore di bestiame. E' però evidente che man mano che si sale in quota la coltivazione dei campi diventa sempre più difficile. Perciò negli insediamenti più elevati, come appunto quello di Agaro, una serie di fattori climatici gioca in favore di un'economia basata sempre più sull'allevamento. L'alimentazione era costituita soprattutto di latte e dei suoi derivati (formaggio, burro, ricotta) a cui si aggiunse un po’ di carne salata ed essiccata all'aria. Il pane era scarso e così pure le vivande vegetali.
La preoccupazione maggiore del contadino walser era quella di procurarsi una tale quantità di foraggio che gli permettesse di mantenere il bestiame durante l' interminabile inverno. Per sei mesi il bestiame rimaneva chiuso nelle stalle, perché solo negli altri sei mesi le erbe possono vegetare a quell'altezza.

STRATEGIE UTILIZZATE PER PROCURARE LA MAGGIR QUANTITA' DI FORAGGIO POSSIBILE

Per procurarsi il foraggio necessario per alimentare i bovini, il contadino walser a volte doveva spingersi in luoghi molto pericolosi ed inaccessibili al bestiame. Lì raccoglieva il fieno cresciuto spontaneamente sulle rocce e poi lo depositava nel fienile. Quel foraggio così faticosamente raccolto, serviva al contadino per sfamare il bestiame nei casi di estrema necessità. Oltre al fieno selvatico dei pendii più erti e dei gradini rocciosi, venivano raccolti anche licheni, fogliame, paglia e in casi estremi si scorticavano gli alberi la cui corteccia, ancora verde, si dava da mangiare alle bestie.

COME SONO NATI GLI ALPEGGI INTERMEDI

In un secondo tempo, la popolazione aumentò. Per procurare una quantità sufficiente di foraggio, fu allora necessario: sia convertire in prati gli antichi pascoli, sia procedere al dissodamento del bosco con il taglio e con il fuoco. Per ogni nuova masseria che si creava, in seguito al moltiplicarsi delle famiglie, si sacrificava un pezzo di bosco, al punto che dovettero essere emanate severe disposizioni per la protezione del patrimonio boschivo (vedi statuti di Agaro, di Ausone e di Salecchio).
Per aumentare la produzione, tra le zone coltivate presso le residenze invernali e gli alti pascoli alpini, sorse ove il terreno lo consentiva una cintura di sedi intermedie.

SPASMODICA CONCENTRAZIONE DEI LAVORI DEL CONTADINO WALSER NEL PERIODO ESTIVO

Il contadino walser era costretto a lavorare freneticamente durante la stagione estiva, perché era l’unico momento in cui si potevano coltivare e raccogliere gli scarsi prodotti che la montagna offriva. Le attività svolte in questo periodo erano quelle più faticose: l’allevamento bovino sui pascoli alti; la coltivazione dei campi, più la raccolta del foraggio, nel fondovalle. Questi due luoghi, dove lui doveva contemporaneamente operare nel periodo estivo, erano sempre molto lontani fra loro, e collocati a livelli altitudinali assai diversi. Il contadino, quindi, era costretto a percorrere, con molta frequenza, sentieri in forte pendenza e molto scomodi, perché non sempre le donne e i bambini, lasciati da soli a portare avanti la conduzione dell'alpeggio, potevano essere autosufficienti.

LA STAGIONE DELL'ALPEGGIO PRESSO I WALSER DI AGARO

La stagione dell'alpe durava per tutti i tre mesi d’estate. Uomini e bestiame salivano all’alpe in giugno, e tornavano alle sedi invernali a settembre. Durante questi tre mesi non soggiornavano sempre nello stesso alpeggio, ma spesso dovevano spostarsi fra due o tre sedi. In ogni zona colonizzata dai walser, succedeva sempre che gli spostamenti del bestiame avvenivano passando dagli alpeggi situati in località meno elevate ad altri collocati più in alto. L'allevatore walser , nei suoi spostamenti, aveva infatti sempre ben presente la necessita di sfruttare l'erba dei pascoli alpini, appena questa avesse cominciato a crescere. Ciò succedeva con scansioni temporali che variavano lievemente con il variare della quota, e di questo l'allevatore era obbligato a tenere conto. Le stesse regole valevano anche per gli spostamenti da un alpeggio all'altro che il bestiame faceva per scendere nuovamente alle sedi invernali. Naturalmente in questo caso si passava dalle località situate più in alto a quelle meno elevate. La discesa dei contadini walser, per stabilirsi nelle sedi invernali, di solito era accompagnata da una festa, che si teneva in una delle giornate comprese fra l' 8 settembre, (giornata in onore della Madonna) e il 29 settembre, (giornata in onore di San Michele).

LA GIORNATA TIPICA SULL' ALPEGGIO

Quando il contadino walser si trovava all’alpe, la sua giornata era scandita da un programma di lavoro prestabilito: la mungitura del bestiame da latte; la conduzione delle mandrie al pascolo; la raccolta della legna per produrre il formaggio e la cura delle capre e dei maiali. Il formaggio veniva prodotto ogni giorno nella casera, che è l'edificio che serve anche da ricovero per i pastori. In un angolo del locale è posta la grande caldaia ("Kessi") sospesa ad un braccio di legno pieghevole ("Turner"), nella quale il latte viene portato in temperatura con il fuoco di legna. Il formaggio viene poi pressato con grosse pietre, lasciato riposare un giorno, salato, riposto e conservato in piccole baite chiamate in tedesco ("Speicher").

TIPOLOGIA DEL BESTIAME ADATTO ALL’ ALPEGGIO: LA RAZZA BRUNO-ALPINA

La razza Bruno- alpina, per la sua buona attitudine lattifera, per la sua facilità di ambientamento ed anche per gli ottimi risultati sempre forniti nella produzione, ha rapidamente incontrato il favore degli allevatori. Per la sua fibra resistentissima, la Bruno- alpina si trova sotto tutti i climi e a tutte le altitudini, cioè anche sui più alti e ripidi pascoli morenici, lambenti i maestosi ghiacciai dell’alto novarese. Nell’Italia settentrionale, per la ricca e appropriata distribuzione di buoni pascoli alpini degradanti nelle fertili praterie collinari e del piano, il bestiame “Bruno” ha dato vita ad una delle attività più vitali dell’economia agricola.

PROVENIENZA DELLA RAZZA BRUNO-ALPINA

Sappiamo con certezza che fin dal 1450, gli allevatori dell’alto Novarese, importarono bestiame dalla vicina Svizzera, specie dal Cantone di Svitto e in minor quantità dal Cantone di Berna. L’importazione dal Cantone di Svitto si effettuava attraverso il valico del San Gottardo, a cominciare dai primi di ottobre, epoca in cui le mandrie avevano completato la stagione dell’alpeggio. Le mandrie, composte quasi esclusivamente di vacche e manzette, si concentravano nei fondovalle del Canton Ticino, tra Ariolo e Giubiasco. Lì si recavano gli allevatori dell'alto novarese per fare i loro acquisti. Essi infatti, in poche ore, potevano portare in Valle Formazza il bestiame acquistato, facendolo passare attraverso il Passo San Giacomo. Per gli acquisti che invece si facevano nel Cantone di Berna, le comitive degli allevatori interessati partivano al mattino da Formazza. Da lì, attraverso il ghiacciaio del Gries, giungevano nel Cantone Vallese e, sempre nello stesso giorno, valicato il passo di Grimmsel si portavano nel Cantone di Berna. Generalmente venivano acquistate manzette di circa un anno e mezzo o due di età. Nel viaggio di ritorno con il bestiame, naturalmente venivano fatte più soste.

Ultimo aggiornamento: 01/07/2018 ore 13:29:41

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