Scuola Media di Baceno, Classe 3^ A

L’INDUSTRIA DELLE ACQUE MINERALI

Acque minerali, classificazione e proprietà terapeutiche

Le acque minerali sono acque sorgive ricche di sali dotate di proprietà curative e pertanto utilizzate a scopo terapeutico. Si trovano in ogni parte del mondo, ma le sorgenti più note sono in Europa e specialmente in Italia. Esse possiedono caratteristiche che dipendono dalla natura geologica e dalle caratteristiche chimico-fisiche degli strati rocciosi che attraversano prima di sgorgare alla fonte, dalla quale possono essere raccolte. Se le acque sgorgano alla sorgente a una temperatura superiore a quella ambientale, vengono definite acque termominerali, mentre a seconda del loro contenuto di acido carbonico, sono classificabili in: neutre, acide o alcaline; considerando la loro composizione si distinguono in acque solfate, sulfuree, arsenicate, ferruginose, bicarbonate, cloruro-sodiche, salmo-bromo-iodiche.
In ogni acqua minerale i vari elementi conferiscono una individualità propria e talune proprietà terapeutiche sono attribuibili a elementi quali: rame, argento, nichelio, ecc..
Ai fini curativi, le acque minerali possono essere usate per inalazioni, irrigazioni, bagni, fanghi e applicazioni. A seconda delle proprietà, esse trovano indicazione nella cura di patologie dermatologiche, malattie dell’apparato escretore, diabete, obesità, anemie, problemi gastrointestinali, calcolosi, artriti, gotto, ecc.

LE ACQUE MINERALI OSSOLANE

Caratteristiche geologiche

Le valli Antigorio e Formazza sono costituite da una serie di mastodontiche gradinate che, come una gigantesca scala, salgono fino oltre Sottofrua e terminano con l’altopiano del bacino del Toggia e dei Sabbioni. Anticamente una enorme distesa di ghiaccio ricopriva tutta la valle, incidendo profondamente e arrotondando le rocce del bacino di contenimento.
Grossi massi erratici disseminati ovunque sono altrettanti ricordi di quella lingua glaciale, che doveva essere fra le più importanti della regione ossolana. Successivamente l’enorme distesa glaciale si ritirò, smembrandosi in vari rami che delimitarono in seguito i solchi vallivi, lasciando dietro di sé i detriti morenici che ancora oggi si possono ammirare.
La stratificazione geologica della regione è dunque messa a nudo per l’erosione compiuta dallo scorrimento torrentizio e dalle precipitazioni metereologiche nel corso dei millenni; ecco allora affiorare lo strato più antico, che a sua volta subì ulteriori abrasioni che scoprirono rocce intrusive sottostanti; in seguito al corrugamento alpino avvenuto alla fine del Triassico si ha una emersione ulteriore di strati geologici mediani, con scivolamenti tettonici più o meno marcati.
Per queste caratteristiche la zona ossolana, e specialmente le Valli Antigorio e Formazza, vantano peculiarità mineralogiche notevoli, addirittura uniche in Italia. Di rilievo tra l’altro l’antica miniera d’oro dell’Alfenza di Crodo, già conosciuta fin dal 1200.
La composizione delle sorgenti varia a secondo del terreno e delle rocce circostanti, mentre la portata può variare con la stagione e la quantità delle piogge.
La sorgente è determinata da un flusso naturale d’acqua che sgorga nel terreno in un singolo punto e viene alimentato da una vena che scorre lungo percorsi sotterranei non visibili. Inoltre può scaturire nella terra arida, nei letti dei torrenti, in stagno o laghi; infine vengono raggruppate in tre tipologie (affioramento, tubolari e fessura) a seconda della natura dei passaggi nella quale scorre l’acqua.

LE FONTI OSSOLANE

L’Ossola è sempre stata provvista di ottime acque minerali, ma è solo nella metà dell’Ottocento che l’interesse per queste acque si risveglia e cominciano i primi tentativi di analisi chimica, che con l’inoltrarsi del secolo diventano sempre più accurati. Alle analisi si accompagnano i primi esperimenti di sfruttamento industriale, ma è solo nel primo decennio del Novecento che l’industria ossolana delle acque minerali, limitatamente però a quella di Bognanco, s’impone in campo nazionale.

LE FONTI DI BOGNANCO furono scoperte nel 1863 dal Sacerdote Fedele Tichelli, che incaricò da subito un chimico di Sion per analizzarle. Acquistata la sorgente e creata una società, il Tichelli immise sul mercato la prima acqua con il nome di “acqua gazzosa di Bognanco”. Ma la fortuna dell’acqua minerale di Bognanco iniziò nel 1892 per merito del pavese Emilio Cavallini, il quale dopo essere guarito grazie alle suddette acque, reclamizzò nuove sorgive fondando nel 1906 la Società anonima per azioni “Acque & Terme di Bognanco”. Da quel momento in poi prende avvio lo sfruttamento industriale delle acque Bognanco, contornato da una serie di strutture ricettive e turistiche che hanno resistito nel tempo. La società fu acquistata da industriali di levatura internazionale. Tra le fonti è stata realizzata una piscina termale. Della Terme di Bognanco, la Fonte San Lorenzo è la più nota.

LE FONTI DI CRAVEGGIA costituirono già dall’età medievale l’unica acqua termale ossolana (i Bagni di Craveggia), con una temperatura di 27°C, dotata di moltissime proprietà terapeutiche. La scarsità delle vie d’accesso al luogo non favorirono l’afflusso di turisti; solo nel 1818 il Comune di Craveggia deliberò la costruzione di un edificio di quattro piani con sedici bagni ubicati al pian terreno, sale e camere ai piani superiori. Nel 1881 lo stabile distrutto da un incendio fu ricostruito e ammodernato, attirando numerosi turisti. Malgrado ciò la mancanza di comode strade rappresentò il maggiore ostacolo allo sviluppo, così nel 1925 l’albergo dovette chiudere. Sempre nel Comune di Craveggia conosciuta era anche la sorgente detta “Vasca” ricca di ferro e manganese con la presenza di acido carbonico.

LE FONTI DI VANZONE SAN CARLO sorgenti arsenico-mangano-ferruginose di elevate proprietà curative vennero valorizzate durante la seconda metà dell’Ottocento. Nonostante le molteplici iniziative per farle conoscere, le fonti non ebbero notorietà. 

LE FONTI DELL’ALPE VEGLIA furono scoperte per caso nel 1875. Quest’acqua bicarbonato-calcica-ferruginosa sgorga dalla viva roccia in fondo al piano del Veglia. 

LA SORGENTE DI MALESCO convogliata nell’acquedotto comunale nel 1895 e poi divenuta d’uso pubblico è caratterizzata da proprietà diuretiche antiuriche e disintossicanti. Oggi il Comune di Malesco vanta la notorietà delle acque minerali “Alpia” e “Terme di Vigezzo”.

LA SORGENTE DI URESSO posta nel Comune di Baceno era raccolta in cinque polle tutte protette da vasche di cemento ricoperte con lastre di plexiglass. Con un acquedotto in acciaio inox l’acqua raccolta veniva addotta al sottostante stabilimento di imbottigliamento. In base alle loro sperimentazioni climatiche e farmacologiche l’acqua minerale di Uresso risultava particolarmente indicata quale acqua da tavola, e come acqua curativa. Lo stabilimento, chiuso intorno agli anni ’80 fu caratterizzato da tre linee di cui una adibita all’imbottigliamento dell’acqua minerale, e le restanti due utilizzate per la produzione di bibite in acqua non minerale. L’azienda riuscì ad impiegare da un minimo di 33 persone ad un massimo di 54. 

LE TERME DI CRODO

La storia di questa impresa si dipana su di un secolo e mezzo, a partire dal 1834, anno in cui il commesso delle Regie Poste Giuseppe Gaetano Giovaninetti incaricò il chimico Bianchetti di analizzare le acque della “Fonte Rossa”, che sgorgava in una sua proprietà a Salecchio, meno di un chilometro a sud di Crodo. Dalle analisi eseguite le acque contenevano acido carbonico libero, bicarbonato di ferro, solfato di magnesio, bicarbonato di calce e tracce di acido silicico, denotando fin da subito delle proprietà terapeutiche. Passeranno comunque cent’anni prima che la fama delle acque minerali di Crodo riesca a valicare i confini del Piemonte e della Lombardia, durante i quali gli sforzi sono rivolti alla costruzione di solide basi all’impianto alberghiero e termale, ma anche da vari tentativi di creare, accanto alle terme, uno stabilimento per l’imbottigliamento, seguiti però immancabilmente da brucianti sconfitte e da amare delusioni. A questo periodo sono legati i nomi di Carlo Francioni, al quale si deve la costruzione nel 1847 dell’albergo dei Bagni; di Giacomo della Macchia, che legò all’albergo una fedele e selezionata clientela; di Bernardo del Boca, che raddoppiò la capacità ricettiva dell’albergo e creò intorno alle sorgenti il primo abbozzo di Parco; di suo figlio Giacomo del Boca, di Pacifico Percalli, di Agostino Sandretti e di Modesto Dresco, il quale gestì per ultimo l’albergo prima della demolizione.

PIERO GINOCCHI

La comparsa di Ginocchi (nato a Parma il 06.04.1901), in qualità di presidente della S.p.A. Terme di Crodo costituitasi a Milano nel 1928, sulla scena ossolana avviene nel 1933, a quasi cent’anni dalla prima analisi del Bianchetti; da questo momento fino al 1950, grazie alla sua caparbietà ma soprattutto al desiderio realizzare “qualcosa di grande”, l’azienda assunse le dimensioni di una media industria. Il giovane ragazzo con in mano una modesta licenza elementare e pochi capitali, rivela subito un carattere coraggioso, ostinato e spregiudicato differenziandosi dai predecessori. Inseguendo il sogno di fare delle terme di Crodo una solida industria, rimuove senza scrupoli gli ostacoli che gli si parano davanti, scontrandosi anche duramente con la popolazione locale (in particolar modo, durante gli anni ’70, in occasione degli espropri dei terreni agricoli per la costruzione della nuova fabbrica). A tal proposito bisogna precisare che Ginocchi, appena presa in mano l’azienda, si convinse che lo stabilimento fosse troppo piccolo, così nel 1935 presentò al Consiglio d’Amministrazione il progetto per la costruzione di un nuovo padiglione collegato al già esistente; il progetto non venne accolto. Ma la sua fermezza fu tale che il nuovo stabilimento sorse durante gli anni difficili del secondo conflitto mondiale. Nel 1955 Ginocchi acquistava le sorgenti denominate “Lisiel” e “Cesa” (quest’ultima registrata nel 1969 ma mai commercializzata, in quanto la sua portata d’acqua era solo di 2000 litri all’ora; veniva utilizzata solamente come acqua di servizio nell’azienda). Esse si andavano a unire alle acque ormai conosciute di “Valle d’Oro e Cistella”. 
All’inizio degli anni sessanta lo stabilimento delle Terme di Crodo contava un discreto numero di addetti (circa 200) che duplicavano nel periodo estivo. Nel 1965 accanto all’acqua e alle bibite venne proposto sul mercato “l’Aperitivo Biondo”, ossia il Crodino.

LA MULTINAZIONALE

Ginocchi, ormai ottantenne, era assolutamente convinto che per il bene dell’azienda fosse indispensabile cercare un successore. Segretamente lo trovò nell’importante multinazionale BOLS, olandese, già presente da svariati anni sul mercato italiano. Giunta a Crodo portò all’azienda un’ondata di rivoluzione scientifica al fine di ottenere un miglioramento qualitativo del prodotto. Al momento dell’acquisto la Bols completò lo stabilimento al Molinetto con la costruzione di nuovi edifici, del piazzale, dei passi carrabili e pedonali.

L’ALLUVIONE DEL 1987

Nella notte tra il 24 e 25 agosto del 1987 la Valle Antigorio e Formazza fu colpita da un uragano distruttore. Crodo fu la località più interessata. Un’intera sezione di montagna di fronte allo stabilimento delle Terme rovesciò a valle massi e fango. Parte dello stabilimento per l’imbottigliamento e il Parco delle Terme furono distrutti. I danni furono ingenti. La multinazionale dovette investire notevoli somme di denaro per la ricostruzione; lo stesso parco nel 1991 fu ricostruito anche se non con le stesse caratteristiche originali.

LE ODIERNE TERME DI CRODO

Dal 1996 l’Azienda è passata nelle mani della Davide Campari S.P.A (fondatore), assumendo la denominazione di CAMPARI CRODO. Conta circa 90 addetti, che in estate aumentano di alcune unità per far fronte alla maggior richiesta di prodotto. Essi si alternano su orari turnificati (è prevista saltuariamente anche la notte). L’attuale produzione prevede il Crodino, le bibite P.E.T. Crodo (chinotto, aranciata, gassosa, ginger, cola, pompelmo), oransoda, lemonsoda, pelmo, nonché le acque relative alle fonti Lisiel, Valle d’Oro e Nova (sorgente Cesa).

L’ACQUA MINERALE “CALDA” DI PREMIA

La sorgente di acqua calda fu rinvenuta in località Longia durante un sondaggio geotecnico eseguito dall’E.N.E.L. nel 1992, anche se già si era a conoscenza (fin dal 1556) della presenza, a poche centinaia di metri di distanza, di una sorgente dalla quale sgorgava dell’acqua ad una temperatura costante di 15°C.
L’acqua calda di Longia ha una temperatura costante invece intorno ai 42,3°C – 42,5°C e dopo accurate analisi è stata riconosciuta batteriologicamente pura con caratteristiche ipertermali oltre che ricca di sali minerali. Con i Decreti del Ministero della Sanità n° 3037 e n° 3038 del 18 maggio 1998 è stata ufficializzata la proprietà terapeutica dell’acqua, consentendone l’utilizzo per la terapia inalatoria e per la balneofangoterapia. Infatti gli studi farmacologici e di tollerabilità effettuati, hanno dimostrato che l’acqua “calda” è particolarmente indicata nella crenoterapia inalatoria delle bronchiti croniche oltre che idonea per la cura delle affezioni articolari ad impronta infiammatoria cronica e nelle vasculopatie, ma soprattutto per le cure in ambito dermatologico, suffragate dalla ottima tollerabilità dell’acqua sia a livello cutaneo che oculare.
E’ cosi che il Comune di Premia, per la valorizzazione di tale risorsa naturale, ha acquisito un’area di oltre 26.000 mq. di terreno per la costruzione di un centro termale, dove è stata realizzata una piscina terapeutica con acqua termale coperta, spogliatoi, depositi, servizi e locali tecnici con impianti. Sono attualmente in corso le fasi progettuali di un secondo lotto che dovrebbe essere completato e collaudato entro il 30 aprile 2007, che consiste nella costruzione degli impianti di depurazione, nel collegamento all’acquedotto comunale, nella costruzione dei parcheggi e nella sistemazione degli spazi esterni oltre al completamento e rifinitura dell’immobile esistente (coibentazione, intonaci ecc.).

Ultimo aggiornamento: 01/07/2018 ore 13:17:16

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